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Autore Topic: un giorno di pesca a Fatu Hiva  (Letto 5907 volte)

nviva

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un giorno di pesca a Fatu Hiva
« il: 21 Agosto 2006, 20:44:33 »

Ciao a tutti di seguito vi scrivo un piccolo racconto della mia esperienza alle Marchesi e in particolare a Fatu Hiva...

Xavier mi viene a prendere con il suo piccolo pick-up verso le cinque della mattina. Io sono già pronto e sono anche riuscito a fare colazione insieme a Manuel, il padre di Xavier. Il sole non è ancora sorto e l’isola è immersa nel buio più completo se non fosse per i fari della jeep che illuminano la strada.
Salgo in macchina, ci scambiamo giusto un saluto, poi Xavier ingrana la prima e ci dirigiamo verso il molo che raggiungiamo poco dopo.
Comincia a piovere, una pioggia sottile, quasi impercettibile. Il solo lampione esistente illumina il piccolo spiazzo di cemento e le imbarcazioni che galleggiano sull’acqua. La sua barca è la seconda ed è legata come le altre ad un’unica fune. Mi tuffo per caricare le varie attrezzature, poi slego la barca e la porto vicino al molo.
Xavier sale, si sistema sulla piccola panca d’alluminio e cantilenando intona una preghiera di buon auspicio per la pesca. Mi dice che con una preghiera ben fatta e la pioggia che continua a scendere sottile non ci dovrebbero essere problemi, la pesca sarà ottima.
Il piccolo motore fa uno sbuffo e poi si accende. Mi siedo sull’altra panca, di fronte a Xavier che sta alla guida. Ci allontaniamo dall’isola, verso il mare aperto lasciandoci dietro uno spettacolo mozzafiato. La pioggia e il sole creano uno scenario surreale in cui pesanti nuvole nere si aprono lasciando intravedere squarci di cielo azzurro attraversati da uno splendido arcobaleno.
«Da qualche parte, qualcuno è morto» sussurra Xavier. «Quando piove ma c’è anche il sole e l’arcobaleno, significa che qualcuno è morto».
Xavier compie varie manovre dicendomi che questo è il posto ideale per i tazards. Giriamo ancora un paio di volte compiendo grandi cerchi con la barca che salta sulle onde in maniera terribile. Niente, nessun tazard. In compenso, senza una parola Xavier mi fa cenno con la mano. Seguo con lo sguardo il suo dito e poco distante dalla barca, una immensa pinna si alza dall’acqua per poi ricadere alzando un’onda che riusciamo a schivare al pelo. Una balena.
Ancora nessuno strappo dai finti calamari che legati a lunghe lenze fissate sui due lati della barca, servono come esche per i tazards.
Si va più al largo a caccia di tonni e bonites. Due forti strappi da entrambi i lati mi riportano alla realtà. Xavier comincia a urlare di fare veloce, di tirare quelle maledette lenze come se fosse la cosa più importante da fare nella mia vita. E adesso lo è. Se non faccio veloce, se non tiro alla disperazione per portare il pesce nelle mani di Xavier che sono già sul pelo dell’acqua, gli squali accorrerebbero nel giro di pochissimi minuti, richiamati dall’odore del sangue e del nostro pesce rimarrebbe giusto la testa attaccata all’amo. Ma questa volta non è andata così. Xavier issa il primo tonno sulla barca e tenendolo fermo per la coda gli sferra due colpi decisi alla testa con un bastone. Anche per l’altro, la sorte è la stessa.
E’ ritornata la calma. «Ormai» comincia Xavier «anche qui a Fatu Hiva nessuno vuole più fare il pescatore. Prima c’è stata Hiva Oa: pur avendo delle ottime acque, molto pescose, nessuno vuole fare più questo mestiere e così sono io che vendo il pesce a loro. E adesso comincia anche Fatu Hiva. I giovani dicono che è troppo faticoso alzarsi presto la mattina, magari con la pioggia come oggi e andare a pescare. Come la gente di Atuona, anche quella di Fatu Hiva ormai non sa più pescare. Preferiscono un lavoro con un certo orario, un lavoro facile, un lavoro fisso e così vanno a Tahiti. Stanno cambiando molte cose».
Torniamo verso il molo. La pesca è andata molto bene visto che oltre ai due tonni abbiamo preso anche alcuni bonites e un paio di tazards.
Puliamo il pesce direttamente sul molo, lo tagliamo a filetti che poi puliamo nell’acqua di mare, buttando le interiora ai branchi di pesci che si sono radunati sotto di noi.
Tornando verso casa, con il pick-up stracarico, ci fermiamo di fronte alla casa di una vecchina che avvolta nel suo pareo coloratissimo si avvicina a Xavier bisbigliando alcune parole in marchesano. Visibilmente scocciato, Xavier scende dall’auto e consegna nelle mani della vecchina un paio di grossi tranci di tonno rosso. Rientrando in auto, mi dice: «Quella vecchia non vuole ancora capire che i tempi sono cambiati! Questa è l’ultima volta che le regalo dei filetti così belli, se li vuole se li compra. Io tutto questo tonno, non lo tengo mica per me! Oggi stesso devo fare una consegna all’hotel di Atuona, altrimenti i turisti che cosa mangiano?». «E coi soldi che prendi, cosa ti compri?» faccio io. «Che domande!» risponde Xavier. «Delle belle bistecche, qualche bottiglia di Coca Cola, dei surgelati, del caffè in polvere e cose di questo tipo
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