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« il: 12 Novembre 2006, 12:25:07 »
Eccomi tornata, veramente sono tornata da un secolo ma scrivere prima è stato impossibile! Siamo partiti il 3 giugno alle sette da Fiumicino imbarco facile e tutto liscio fino a Parigi dove invece approdiamo nel caos più totale ( senza contare che il check in dell’Air Tahiti Nui è nel punto opposto rispetto a dove sbarchi con Alitalia) pareva ci fosse una bomba in una valigia, quindi tutto bloccato! Terrore di perdere il volo e perdere di conseguenza tutte le coincidenze con i voli interni e le prenotazioni! Mezz’ora d’incubo poi la situazione si sblocca e faticosamente con controlli minuziosi e fila interminabile riusciamo a partire!! Per fortuna il volo è ottimo! L’aereo confortevole (anche se le ore sono veramente tante e i piedi nonostante i contorsionismi sul sedile alla fine un po’ si gonfiano!), schermo personale per vedere i films (ovviamente in inglese o francese), ascoltare musica, giochetti vari o seguire la rotta dell’aereo. Cibo buono (anche se al ritorno è stato deludente, ma tanto al ritorno anche se mangi la plastica sei così depresso che non te ne accorgi!) e bevande e snack sempre disponibili. Insomma il tempo passa, si arriva a Los Angeles, scalo tecnico di un paio d’ore (meno tragico di come raccontano) direi decisivo per riacquistare l’uso delle gambe! E infine l’ultima tirata di nove ore per arrivare a Papeete che tra un sonno, un pasto e un film sembrano brevi! Arriviamo finalmente! Levo maglione, copertina e calzini (gentilmente forniti dall’Air Tahiti Nui altrimenti con l’aria condizionata dell’aereo ci si iberna!) ed eccoci fuori! Dall’aria condizionata al caldo umido tropicale l’impatto per un povero essere con la pressione sotto terra come me è terribile, caldo tanto e con un tasso di umidità micidiale, aria zero! In un attimo formulo il nefasto pensiero che non sopravviverò venti giorni in quel posto ( per fortuna non è stato vero e il clima è stato sempre ventilato e sopportabilissimo!!) c’è l’orchestrina che suona (ne avrete sentito ormai in tutti i racconti) e una gran folla che cerca speranzosa il suo contatto vitale a 26.000 km da casa! Per fortuna vediamo il nostro corrispondente e veniamo caricati su una jeep che ci porta verso la nostra pensione un po’ fuori città, il polinesiano corre, fuori è tutto verde e io comincio a sperare di poter sopravvivere. Arriviamo alla nostra stanza, molto spartana, bagno con tenda (la porta al bagno la rivedremo solo a maupiti!) e di nuovo afa terribile. Mi addormento ma dopo un po’ mi risveglio senz’aria (PANICO!!) penso che è meglio essere uccisi che morire senza chiedere aiuto e sveglio il mio premuroso compagno il quale grugnisce qualcosa e poi si riaddormenta! Apro con le unghie la finestra scorrevole dietro al letto, infilo fuori il naso respiro forte e prego di non aver speso un patrimonio per trapassare in Polinesia! Dopo un po’ mi addormento, la mattina per fortuna è tutto passato ma ci attende una nuova insidia! Il nostro aereo per Fakarava parte alle 18 e quindi abbiamo tutta la giornata da trascorrere, siamo incerti se restare lì e pigreggiare sulla spiaggetta della pensione o andare a Papeete e visitare città e mercato, alla fine pensiamo che ogni minuto è prezioso e decidiamo di andare. Ci dicono subito che il ritorno a Papeete che noi abbiamo già pagato possiamo sfruttarlo solo alle 16, se vogliamo andarcene prima dobbiamo pagare 20 euro e noi paghiamo (ancora...)!! Ci sbarcano all’aereoporto e qui paghiamo altri 20 euro per lasciare i bagagli….dopo una breve attesa sotto il sole arriva un truck che ci porta finalmente a Papeete……e qui la sorpresa del giorno: è domenica e di domenica tutto e dico TUTTO è chiuso : niente mercato, niente negozi, niente pulman per fare il giro dell’isola, quasi niente bar o ristoranti: NULLA! Dopo aver girato un po’ nella desolazione più assoluta e aver mangiato da Mc Donald (uno dei pochi posti aperti!) Ci ritroviamo seduti su una panchina, sfatti, un po’ incazzati (potevano avvertirci alla pensione!) e costretti a girare i pollici fino alle sei!
Se Dio vuole il tempo passa e mi accingo a provare il brivido del primo aereoplanino Air Tahiti, devo dire che prima di partire ero parecchio preoccupata da questi voli interni (dei quali alcuni mi avevano detto di aver avuto paura) ma a questo punto pur di andarmene dal mortorio prenderei anche un bielica! Per fortuna i racconti orrifici erano infondati, il viaggio dura un’ora in assoluta tranquillità e ormai in piena notte arriviamo a Fakarava (pare proprio che l’aereo atterri sull’acqua, dico pare perché io guardavo attentamente il mio sedile e artigliavo il braccio del mio lui che probabilmente già pensava che sarebbe stato meglio portare un gatto ansiogeno ad Ostia con poca spesa!). Anche qui veniamo regolarmente prelevati ed anzi ci viene messa al collo la prima collana profumatissima di Tiarè (io sono già riconciliata con i mari del sud ma per lui non basterebbe una collana di palme!). Sono molto gentili, ci accompagnano al bungalow che è semplice ma mi piace subito con le tende a fiori azzurri un grande letto con la zanzariera e la laguna davanti che per ora non si vede (in compenso si sente da lontano il rumore dell’oceano che si infrange sulla barriera), ci dicono che siccome è tardi e la cena è gia stata servita ce la porteranno nel bungalow ed infatti dopo poco arriva tanta roba buona e finalmente polinesiana! Il letto è comodo, sul soffitto ci sono le pale che girano e dalle finestre entra un’aria piacevole (finalmente un sonno come si deve!), anche le zanzare sembra proprio che non ci siano.
La mattina sveglia presto, corro ad affacciarmi per vedere la laguna, di fronte al bungalow c’è una piccola spiaggia, l’acqua è colorata verde e azzurra (dirò una volta per tutte che il mare è splendido ma, senza togliergli nulla, ho visto colori altrettanto belli in parecchi altri posti molto più vicini!), colazione abbondante e varia (c’è di tutto) poi prendiamo la bicicletta e andiamo a vedere cosa c’è intorno. Fakarava è un atollo rettangolare il lato corto misura circa 20 km, quello lungo 60, le pensioni (Havaiki compresa) sono quasi tutte a nord est poco sotto il villaggio di Rotoava
C’è un’unica strada che va dall’aeroporto fino ad un punto imprecisato a sud, da una parte della strada c’è l’oceano, blu scuro rumoreggiante contro la barriera, ovviamente senza spiaggia, con un’infinità di detriti di corallo e conchiglie ( non ne troverete così tanti in altri posti), dall’altra parte c’è la laguna con piccoli ritagli di spiaggia bianca. E tra un bagno nella laguna e uno sguardo all’oceano è ora di mangiare (Fame!) ed ecco la scoperta del giorno: è il Lunedì di Pentecoste! E se la domenica a Papeete è tutto chiuso figuratevi a Fakarava il lunedì di Pentecoste!! Al villaggio è tutto chiuso, torniamo alla pensione per elemosinare qualsiasi cosa commestibile ma ci dicono che c’è uno snack vicinissimo raggiungibile dalla spiaggia! Miracolo!! Mangiamo il primo (e all’unanimità il migliore) poisson crù polinesiano, ottimo e il posto è carinissimo in riva alla laguna. La cena è impeccabile dolce compreso. La notte il primo diluvio polinesiano ma la mattina splende il sole e decidiamo di prendere le biciclette e andare alla pass a nord, attraversiamo il villaggio dove finalmente è tutto aperto e scopriamo un piccolo supermercato (ma conviene mangiare agli snack tanto alla fine si spende la stessa cifra, va bene solo per l’acqua e poco altro), una panetteria, un altro snack (ma molto più alla buona). Pedalando arriviamo all’aeroporto e lì la strada asfaltata finisce, comincia lo sterrato, mi raccomando il cappello perché a Fakarava senza cappello si cuoce! Ancora avanti poco prima della pass sulla sinistra c’è una spiaggia che finalmente è proprio come quella dei sogni: bianca, laguna di mille colori, palme sull’acqua : veramente bella, ovviamente ci fermiamo, ci assale la sete, degna punizione per miseri stolti partiti senz’acqua! Meno male che è pieno di cocchi, l’impresa è ardua senza lo strumento adatto ma Lui da vero primitivo armato di pietra riesce ad aprirlo e anche il misero gatto (che da solo sarebbe morto di sete) beve per la prima volta il latte di cocco (stupendo!).
Dopo aver fotografato tutte le palme disponibili continuiamo verso la pass dove vediamo un branco di grossi pesci di un azzurro incredibile che sembra giocare tra le onde! Tornando indietro nuova sosta alla spiaggia dei sogni, bagno e cotti a puntino ci accingiamo a tornare. Dopo poche pedalate il miserissimo gatto capisce che non potrà fare una pedalata di più: la sua pressione è sprofondata sotto terra e vede tutte le stelline! E’ spacciato! Lui vorrebbe buttarmi con una pietra al collo nell’oceano (la laguna e troppo bassa!) poi deve pensare che giustificare la mia scomparsa sarebbe troppo faticoso e decide di prendermi sulla canna e trascinare la mia coda fino alla pensione (la bici viene silenziosamente abbandonata, spero che qualche anima pietosa l’abbia riportata indietro!).
Il giorno dopo decidiamo di avventurarci a sud, ma vista la mia pessima fine del giorno prima prendiamo una sola bicicletta: Lui pedala, io faccio il parassita sulla canna, arriviamo senza problemi alla fine della strada asfaltata, poi si continua sullo sterrato con enormi buche piene d’acqua (visto che la notte tanto per cambiare ha piovuto), ogni tanto ci inoltriamo a piedi fino alla laguna per vedere dove siamo, in lontananza si vede un striscia bianca contornata dalle palme, non sembra lontanissima, decidiamo di arrivarci assolutamente. Il sentiero si fa sempre più piccolo e accidentato (siete mai stati sulla canna di una bici col sole a picco, il cappello che vola via e buche e sassi a non finire? Vi lascio immaginare!). Il sentiero sembra finire e pensiamo di continuare sugli scogli lungo la laguna, mettendo segnali vari per ritrovare la bicicletta al ritorno, ma un po’ più avanti ritroviamo il sentiero e torniamo a recuperare la bici. Sobbalzando su sassi e grosse buche il sentiero finisce irrimediabilmente sull’oceano!! Delusione orrenda ma dopo ore di ricerca la sconfitta è inaccettabile, torniamo sui nostri passi e troviamo un minuscolo sentiero che continua fra la vegetazione: inutile dire che si va avanti! Il rischio è trovarsi al calare della notte lontano dalla pensione: saremmo spacciati! Finalmente ecco la spiaggetta avvistata da lontano! Bianca e adornata da palme. Devo dire che non vale quella a nord e forse non vale tutta quella immane fatica, ma è bello pensare che sicuramente ben pochi vi hanno messo i piedi! Giro intorno lo sguardo e resto un attimo interdetta, mentre penso : “ma è vera??!!”. Una enorme conchiglia di quelle che vedi solo nei libri o nei documentari! Un tesoro che da solo giustifica tutta la fatica! Purtroppo il tempo per restare è poco se non vogliamo rischiare di passare la notte senza acqua e cibo ululando alla luna! Per fortuna il ritorno, anche se la ruota posteriore sembra gravemente infortunata, fila liscio e tutto sommato più breve dell’andata.
Io ripongo il mio tesoro nella valigia e sono già preoccupata: me lo porteranno via?
Questo è l'inizio del mio viaggio...il seguito chissà quando..scusate la lunghezza ma sono sempre stato un gatto prolisso: o così o niente..!!
Avevo messo anche le foto ma nell'incollare il documento da word non me le ha copiate e non riesco a metterle in altro modo: sono proprio imbranata![/url]